Jean-Antoine Houdon, “Buste de Voltaire avec perruque”, marmo, 1778. National Gallery of Art, Widener Collection, Washington.
Lavorare il giorno e dormire la notte: ecco due cose senza le quali non posso vivere.
[Dalla lettera a M. Thiriot, Parigi, 24 agosto 1724]
C’è chi mi giudica un autore di bell’ingegno; io non ho affatto ingegno, lo giuro: non scrivo in prosa se non in occasioni urgenti. In versi poi mai; e tutti sanno che non sono un poeta.
[Dalla lettera all’abate Nadel, Parigi, 20 marzo 1725]
Posso fare soltanto due usi della mia vita: l’uno, rischiarla con onore, quando me ne capiti il destro; e l’altro, finirla nell’oscurità di un eremo, come conviene al mio modo di pensare, alle mie disgrazie e alla conoscenza che ho degli uomini.
[Dalla lettera a M. Thiriot, Parigi, 12 agosto 1726]
È duro esser chiusi fra quattro mura per aver esercitato un’arte senza la quale saremmo ancora dei barbari.
[Da una lettera a Kramer]
Ho abbandonato due teatri troppo pieni di cabale: quello della Comédie-Française e quello del mondo. Vivo felice in una incantevole solitudine.
[Dalla lettera a M. Thiriot, Cirey, agosto 1735(?)]
Quanto sono più contento di lasciar scorrere di qui in poi la mia vita in questa tranquillità dolce e alacre che se mi fosse capitata la disgrazia d’essere consigliere in parlamento! Tutto ciò che vedo mi conferma nella mia vecchia idea, che non sia bene entrare a far parte di nessun “gruppo” e che si debbano invece stimare quali unici beni la libertà e gli amici.
[Dalla lettera a M. de Formont, settembre 1732]