domenica 1 gennaio 2012

Pier Vincenzo Mengaldo




Ricordo di Vittorio Sereni


[...] veramente in lui l’uomo e il poeta facevano tutt’uno: in una maniera e in un grado che mai mi è stato dato riscontrare presso altri suoi colleghi, nei quali la scissura fra uomo e poeta è così spesso necessità, programma, autentico sdoppiamento.[...] La poesia di Sereni non ha nulla d’intimidatorio, le è del tutto estraneo il gesto di chi esclude dal tempio i profani; è coinvolgente, questo sì, ma in quanto presuppone una compartecipazione, e la sollecita. Nel mondo poetico di Sereni uno vive come a casa propria, e la durata in cui esso costituzionalmente si distende, la sua temporalità quasi di romanzo, è la stessa durata e fedeltà che viene richiesta alla nostra presenza di lettori. Sereni ha detto spesso, per iscritto e a voce, che l’unico modo veramente degno di fare esperienza della poesia è quello non già di leggerla semplicemente, ma di convivere con lei.




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In  La tradizione del Novecento, Einaudi, Torino 2003, pp. 315 e 320.