domenica 1 gennaio 2012

Erasmo da Rotterdam





Fra tutte queste discipline, tuttavia, le più pregiate sono quelle che s’avvicinano di più al senso comune, cioè alla follia. I teologi muoiono di fame, i fisici di freddo, gli astrologi sono lo zimbello di tutti, i dialettici non se li fila nessuno. Solo il medico vale quanto molti uomini. E anche in questo campo quanto più uno è ignorante, più è avventato, più è superficiale tanto più gode la fiducia delle teste coronate. La medicina infatti, almeno come è praticata oggi dai più, non è altro se non, come la retorica, una forma di adulazione.
   Dopo i medici, o forse anche prima, vengono gli uomini di legge. La loro professione, e non è solo un mio parere, viene concordemente schernita dai filosofi come la professione degli asini. Eppure il giudizio di questi asini regola tutti gli affari, grandi e piccoli. Crescono i loro latifondi mentre il teologo, dopo aver indagato tutti i segreti della divinità, rosicchia un lupino e fa una guerra senza fine contro cimici e pidocchi.
   Ma se dunque hanno più fortuna quelle arti che hanno maggiore affinità con la follia, sono i più fortunati di tutti coloro che possono tenersi completamente lontani da qualsiasi forma di scienza per seguire come guida la sola natura, la quale non ha difetti in alcuna sua parte purché noi non vogliamo andare al di là dei limiti del nostro destino di uomini. La natura odia gli inganni ed è più felice di tutti gli altri colui che non è stato contaminato da alcuna arte.




............................................................................................................................................................................................. In Elogio della follia, Newton Compton editori, Roma 2006, pp. 77 e 79. Traduzione di Gabriella D’Anna.