domenica 1 gennaio 2012

Benedetto Croce









   Una delle questioni più dibattute in Estetica è la relazione tra materia e forma, o, come si dice di solito, tra contenuto e forma. Consiste il fatto estetico nel solo contenuto o nella sola forma, o nell’uno e nell’altra insieme? Questione che ha avuto vari significati, che menzioneremo ciascuno a suo luogo; ma sempre che le parole sono state prese nel significato da noi fermato di sopra, sempre che per materia si è intesa l’emozionalità non elaborata esteticamente o le impressioni, e per forma l’elaborazione ossia l’attività spirituale dell’espressione, il nostro pensiero non può essere dubbio. Dobbiamo, cioè, respingere così la tesi che fa consistere l’atto estetico nel solo contenuto (ossia nelle semplici impressioni), come l’altra che lo fa consistere nell’aggiunzione della forma al contenuto, ossia nelle impressioni più le espressioni. Nell’atto estetico, l’attività espressiva non si aggiunge al fatto delle impressioni, ma queste vengono da essa elaborate e formate. Ricompaiono, per così dire, nell’espressione come acqua che sia messa in un filtro e riappaia la stessa e insieme diversa dall’altro lato di questo. L’atto estetico è, perciò, forma, e niente altro che forma.
   Da ciò si ricava, non che il contenuto sia alcunché di superfluo (ché anzi è il punto di partenza necessario del fatto espressivo); ma che dalle qualità del contenuto a quelle della forma non c’è passaggio. Si è pensato talvolta che il contenuto, per essere estetico, ossia trasformabile in forma, dovesse avere alcune qualità determinate o determinabili. Ma, se ciò fosse, la forma sarebbe una cosa medesima con la materia, l’espressione con l’impressione. Il contenuto è, sì, il trasformabile in forma, ma fino a tanto che non si sia trasformato, non ha qualità determinabili; di esso noi non sappiamo nulla. Diventa contenuto estetico non prima, ma solo quando si è effettivamente trasformato. Il contenuto estetico è stato anche definito come l’interessante: il che non è falso, ma vuoto. Interessante, infatti, che cosa? L’attività espressiva? E, certo, se questa non se ne interessasse, non l’eleverebbe a forma. Il suo interessarsene è appunto l’elevarlo a forma. – Ma la parola «interessante» è stata anche adoperata con altra non illegittima intenzione, che spiegheremo più oltre.
   È polisensa, come la precedente, la proposizione che l’arte sia imitazione della natura. Con queste parole ora si sono affermate o almeno adombrate verità, ora sostenuti errori; e, più spesso, non si è pensato nulla di preciso. Uno dei significati scientificamente legittimi si ha, allorché «imitazione» viene intesa come rappresentazione o intuizione della natura, forma di conoscenza. E quando si è voluto designare ciò, e mettere insieme in maggior luce il carattere spirituale del procedimento, risulta legittima anche l’altra proposizione: che l’arte è idealizzamento o imitazione idealizzatrice della natura. Ma se per imitazione della natura s’intende che l’arte dia riproduzioni meccaniche, costituenti duplicati più o meno perfetti di oggetti naturali, innanzi alle quali si rinnovi quello stesso tumulto d’impressioni che producono gli oggetti naturali, la proposizione è evidentemente erronea. Le statue di cera dipinta, che simulano esseri vivi e innanzi a cui arretriamo sbalorditi nei musei di tale roba, non ci danno intuizioni estetiche. L’illusione e l’allucinazione non hanno che vedere col calmo dominio dell’intuizione artistica. Se un artista dipinge lo spettacolo di un museo di statue di cera, se un attore sulla scena ritrae burlescamente l’uomo-statua, abbiamo di nuovo il lavoro spirituale e l’intuizione artistica. Perfino la fotografia, se ha alcunché di artistico, lo ha in quanto trasmette, almeno in parte, l’intuizione del fotografo, il suo punto di vista, l’atteggiamento e la situazione ch’egli s’è industriato di cogliere. E se la fotografia non è del tutto arte, ciò accade appunto perché l’elemento naturale resta più o meno ineliminabile e insubordinato: e, infatti, innanzi a quale fotografia, anche delle meglio riuscite, proviamo soddisfazione piena? a quale un artista non farebbe una o molte variazioni e ritocchi, non toglierebbe o aggiungerebbe?



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Da Estetica come scienza dell’espressione e linguistica generale, a cura di Giuseppe Galasso, Fabbri Editori, Bergamo 2003, vol. I, pp. 21-23.