domenica 31 luglio 2022

Marco Ferri





È uscito a gennaio di quest’anno il libro del poeta fanese Marco Ferri. Dico il libro dal momento che non si tratta di un libro che si fa normalmente, ma di una autoantologia che va dal 1980 al 2020, del frutto maturo di un lavoro che deve avere impegnato non poco l’autore, visto che egli non si limita a restituire i sei libri precedenti, bensì porta a compimento una laboriosa ricollocazione dei testi già pubblicati e nel contempo presenta una trentina di inediti, distribuiti tra la prima e l’ultima sezione delle sei che lo compongono.  

 

L’opera in questione è stata pubblicata dalla Marcos y Marcos nella pregevole collana di poesia “Le Ali” diretta da Fabio Pusterla, che firma il risvolto di copertina in cui si legge: “Come è passato il tempo dà conto di un lungo percorso, quarant’anni di ricerca poetica ammirevole, caparbia, silenziosa e ora capace di stupire per la sua intima, coraggiosa coerenza.” È inoltre ulteriormente impreziosita dalla prefazione di Massimo Raffaeli, che giustamente sottolinea la distanza di Ferri sia dalla neoavanguardia che dai seguaci del postmoderno: “Ferri non ha mai perseguito una idea del sublime poetico ma, piuttosto, lo spettro di una verità quotidiana, personale, transeunte e pari alla vita stessa che i versi hanno il compito di trattenere o se non altro di inventariare.” 

 

In effetti già il titolo stesso, Come è passato il tempo, posto così, privo del solito punto esclamativo, non esprime nessuna sorpresa, non ha nulla di enfatico, assertivo, e neppure suggerisce un preciso rimpianto per i bei tempi andati, piuttosto è vero che il “come” del titolo contiene una civilissima denuncia. Nel "come" sono racchiusi i fatti e i pensieri e i sentimenti, e soprattutto il linguaggio, che nell'ultima sezione diventa il tema guida, perché scopre oggi i suoi limiti, soprattutto di fronte agli altri linguaggi, quelli che hanno modificato radicalmente il nostro posto nel mondo. C'è stata un’incredibile accelerazione nelle conoscenze, e il linguaggio della poesia rischia di diventare un noioso rituale, dentro una riserva indiana. Questa preoccupazione diventa sempre più netta sezione dopo sezione. 

 

Mi fermo qui. Volutamente non cito nessuna poesia, neppure un verso, e sì che mi sarebbe facile scegliere, ma diciamo pure che non è il mio ambito, o meglio, non è questo il motivo del mio intervento. Da vecchio estimatore di Marco Ferri, sono intervenuto più che altro per complimentarmi, per rallegrarmi con lui, poi per rendere noto a tutti (a cominciare dai cosiddetti “addetti ai lavori”) che sono felice di essere il primo a parlare di Come è passato il tempo (infatti non mi risulta che altri lo abbiano ancora fatto). E questo non lo ricordo di certo per vantarmi: se mi si vuole credere mi sarei accontentato di arrivare tra i primi dieci! Ma Ferri, da signore ironico e disincantato qual è mi perdonerà la polemica osservazione.