venerdì 2 dicembre 2011

Vittorio Sereni





A quella che vedo come tendenza profonda della poesia – diciamo: dell’operare in versi – mi pare corrisponda oggi la sua massima carenza; non tanto nella facoltà di comunicare quanto piuttosto in quella di accomunare. [...] Che cosa oscuramente vuole se non questo un poeta, uno scrittore di versi, nel tendere a un uditorio invisibile, a una folla inesistente che tuttavia egli non può non supporre esistente e presente? [...] Forza accomunante: cioè la facoltà di raccogliere altri, e se stessi con altri, attorno a qualcosa – e che sopravvive all’interno del lavoro di ognuno, come bisogno o ricerca o nostalgia di presenze senza cui quel lavoro non si darebbe o sarebbe bruciato all’origine.
[...] È giusto impegnarsi perché i libri di versi siano il più possibile a portata di chi li cerca e li vuole; ha molto meno senso, allo stato dei fatti, battersi perché sia dato più spazio d’attenzione alla poesia. Solo la sostituzione dei valori oggi in crisi o già disfatti nella coscienza comune mediante altri valori potrà stabilire o ristabilire la naturalezza del rapporto e dunque la sua necessità. Avremmo allora lo scioglimento, del tutto augurabile, del partito dei poeti, più in generale la liquidazione di quella piccola società nella società che è la società letteraria, e con essa le sue gerarchie, liturgie, piccoli mercati, l’assorbimento del personaggio poetico a favore della semplice circolazione dell’opera? Oppure, e all’opposto, [...] le energie oggi profuse e disperse nella tensione illusoria dell’arte saranno recuperate o assorbite nella semplice, non più scissa, non più dimidiata, configurazione e qualità umana?
[...] Di certezze, poi, ne conosco una sola e si fonda su una contraddizione: che cioè chi opera oggi in questo campo opera in un rapporto immaginario; ma insieme tale immaginazione è essenziale al suo lavoro, tanto da legittimare nel grado della sua tensione contenuti e forme.




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Da Poesia: per chi?, a cura di Gian Carlo Ferretti, «Rinascita», 19 settembre 1975. Poi in Gian Carlo Ferretti, Poeta e di poeti funzionario. Il lavoro editoriale di Vittorio Sereni, il Saggiatore, Fondazione Mondadori, Milano 1999, p. 133-134.