venerdì 16 dicembre 2011

Federico Zeri





               Pablo Picasso, “Donna seduta” (Ritratto di Marie-Thérèse), olio su tela cm. 100 x 81, 1937. Museo Picasso, Parigi.




       Quinta conversazione

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   Picasso, che è abitualmente considerato un anticlassico, è in realtà una sorta di compendio di tutto ciò che è stato prodotto nell’area mediterranea attraverso i millenni. Salvo che, invece di guardare soltanto alla pittura o alla scultura greco-romana o a quella del classicismo rinascimentale, ha guardato anche, caso unico, al Medioevo romanico, soprattutto a quello spagnolo, e perfino all’arte delle caverne preistoriche. In realtà, Picasso è una sorta di forza della natura in continuo movimento, e presenta una miniera inesauribile di spunti e di suggerimenti. Alcuni di questi spunti forse un giorno saranno rielaborati da altri artisti, da altre epoche, riciclati per ulteriori sviluppi stilistici.
   Non è che Picasso sia sempre alla stessa altezza. C’è una grande parte della sua produzione, soprattutto quella posteriore al 1945, che a me personalmente sembra molto scaduta di tono. Ma anche in altre fasi Picasso attraversa momenti di puro accademismo, se non di puro divertimento. Dalla sua inesauribile fucina di immagini affiorano comunque segnali preziosi, segnali che, a loro volta, ci aiutano a leggere in modo nuovo opere del passato, che a noi sarebbero sfuggite.
   Picasso eccede spesso in accademismo, come altre volte può eccedere in antiaccademismo, però c’è sempre in lui la carica vitale del pittore nato, del vero genio della pittura. Più d’una volta ho sentito storici dell’arte liquidare Picasso come un semplice caricaturista. Di fronte ai ritratti che lui ha eseguito negli anni ’30, e che per me sono le sue cose più alte, ho sentito dire: «Si tratta semplicemente di caricature!» No. C’è qualcosa di più. C’è una vera erudizione figurativa, e il livello è sempre quello di un autentico genio. Comunque, l’arte di Picasso è un esempio attuale, vivente, del fatto che non è vero che l’arte parli a tutti e al primo colpo.
   Le arti figurative, in particolare, per essere lette han bisogno di un’educazione visiva e di un attento studio del momento storico in cui il dipinto, la scultura o l’architettura sono stati prodotti.
   Notate, a questo proposito, che il concetto di kitsch oggi così diffuso, è generalmente male interpretato. Il kitsch è un fatto assolutamente soggettivo. È il modo in cui si leggono poemi, pezzi musicali, prodotti figurativi, che può rendere insulse le opere più sublimi. Si può rendere kitsch anche Dante Alighieri. Perché non è affatto vero che esista un’arte che parla di prima impressione.
   Tornando all’arte di Picasso, un aggettivo certamente non le si addice: popolare. Nonostante certi programmi politici del pittore, non ha senso sostenere che la sua sia un’arte destinata alle masse. È, anzi, un’arte che ha bisogno di un’educazione visiva particolarmente raffinata. Come ne hanno bisogno anche opere, di altre epoche e civiltà [...]




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Da Dietro l’immagine. Conversazioni sull’arte di leggere l’arte, TEA, ristampa 2001, p. 265.