domenica 4 dicembre 2011

Giovanni Raboni




La Duras si fa bella col nulla


    Sono uscito dalla lettura dell’ultimo libro di Marguerite Duras, Yann Andréa Steiner, di cui Feltrinelli ha appena pubblicato la traduzione italiana, con il senso di irritazione e disagio che questa scrittrice mi ispira regolarmente da una decina d’anni, cioè da L’amante in poi; e come sempre, cercando di capire che cosa in particolare mi avesse tanto infastidito, sono rimasto incerto fra il suo autoagiografismo lirico, la sua pretesa che tutti trovino emozionante ogni minimo accenno alle sue opere precedenti, la sua prosa infarcita di ammiccamenti sublimi e compiaciuta del proprio finto candore...
   Ma poi, tutt’a un tratto, mi è parso di aver capito, di poter finalmente puntare il dito sulla causa scatenante della mia allergia. Sì, a rendermi intollerabile la Duras è soprattutto il suo continuo e spudorato commercio con l’ineffabile, la sua esibizionistica retorica di ciò che non può essere detto. È impressionante, in queste pagine, la quantità di cose che lei stessa non sa, che qualcun altro non sa, che nessuno può sapere: «Ignorerò per sempre se il bambino saprà un giorno che su questa spiaggia c’era qualcuno che lo guardava intensamente» (p. 41); «Ti avrei scritto per dirti solo che quella mattina ti avrei confessato che senza saperlo, forse, ti amavo» (p. 49). E siccome, preso dal sospetto, ho ripercorso a ritroso il libro a caccia di consigli e di perle, potrei continuare per un pezzo.
   Tutto ciò non è soltanto involontariamente comico, è anche un indizio di un equivoco grossolano e in qualche modo atroce. Il vero scrittore non scrive per enumerare l’inesprimibile e farsi bello delle cose che non sa, ma – al contrario – per cercare di esprimere, oltre alle poche cose che sa, il maggior numero possibile delle molte che non sa; e forse è anche così, è anche in questo che è possibile distinguere la poesia dal «poetico» e la letteratura dalla cattiva letteratura.



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«Corriere della Sera», 14 novembre 1993. Poi in Contraddetti, Scheiwiller, Milano 1998.