sabato 10 dicembre 2011

Pier Vincenzo Mengaldo




I vocabolari


   Cominciamo la nostra panoramica da quelli storici. Il periodo, grosso modo, tra le due guerre vede due scacchi per la lessicografia storica italiana: la quinta edizione, iniziata nel lontano 1863, del Vocabolario della Crusca s’arresta nel 1923 all’undicesimo volume, lettera O (Firenze, Tipografia galileiana di M. Cellini e c.); il Vocabolario della lingua italiana dell’Accademia d’Italia non va oltre il primo volume A-C (Milano, Società anonima per la pubblicazione del Vocabolario della lingua italiana, 1941). In entrambi i casi la ragione dell’interruzione fu esterna, quali che fossero i difetti delle due opere, molto discusse: e cioè nel primo la polemica contro la Crusca condotta soprattutto, dalla sponda idealistica, dal grande filologo Cesare De Lollis, nel secondo la fine dell’Accademia d’Italia con la fine del fascismo cui era legata. Ma a parte ciò la quinta Crusca, p.es., continuava a indulgere troppo al toscanismo in tempi mutati; e il Vocabolario dell’Accademia, che si dichiarava «insieme letterario e dell’uso», nonostante punti forti come le etimologie redatte da Clemente Merlo e gli esempi di autori contemporanei (ma senza indicazioni di luogo!), non era certo esente di difetti, come nelle definizioni e negli spogli mancati, in particolare dalla lingua giornalistica. Quanto all’attuale Crusca, si limiterà per ora a un Tesoro della lingua delle origini (cioè fino al 1375, morte del Boccaccio); e siamo sullo stesso piano con il GAVI = Glossario degli antichi volgari italiani di Giorgio Colussi, Helsinki, 1983- (distribuzione Perugia-Foligno, Editoriale Umbra), giunto finora alla C con in più l’inizio della S.
   In queste condizioni benvenuta l’apparizione del Grande Dizionario della lingua italiana (= GDLI), diretto prima da Salvatore Battaglia, poi da Giorgio Bàrberi Squarotti (Torino, UTET, 16 voll., 1961-92, fino a Roba): che si dice debba terminare, ma c’è da dubitarne dato il progressivo crescere della mole, nel 2002. Non pochi sono i pregi del GDLI: il fatto stesso di esistere e procedere, la grande ricchezza dell’esemplificazione anche in territori storici come il Quattro e il Settecento, quasi evitati dalla vecchia lessicografia, e naturalmente la larga attestazione della contemporaneità. Ma l’opera non è esente da aspetti discutibili, specie nei primi volumi (cfr. subito FOLENA 1961), in parte corretti in séguito: il taglio troppo letterario, l’impianto filologico spesso non sicuro, l’ostracismo ai forestierismi non adattati ecc.; si nota anche non di rado un’utilizzazione troppo parziale o sporadica di testi importanti pur spogliati e un’insicurezza nella classificazione degli esempi secondo le giuste accezioni delle voci, il che richiede (come in genere l’impianto semantico) il ricorso al vecchio Tommaseo-Bellini, in questo quasi infallibile.
[...]



.............................................................................................................................................................................................
Da Il Novecento, settimo volume della Storia della lingua italiana a cura di Francesco Bruni, il Mulino, Bologna 1994.