domenica 6 novembre 2011

Grazia Cherchi





Recensioni come?


    Si è tornati di nuovo, in questo periodo, a discutere della nostra critica letteraria (chissà perché non si discetta mai, invece, di quella d’arte o cinematografica o teatrale, quasi fossero esenti da magagne). Non aggiungendo granché, peraltro, al già detto. Il peso delle recensioni sull’acquisto dei libri resta scarso, quando non irrilevante: il pubblico dei lettori pare infatti aver individuato il vizio di fondo dei critici militanti, cioè il loro essere, nella gran parte, alle dipendenze dell’industria culturale. Si spera di non sentirlo più proclamare con l’aria di aver fatto una grossa scoperta: c’è di che ululare dalla noia.
    Ma, a parte il fatto che ci sono ancora alcuni recensori, diciamo meglio cronisti letterari (non tanti: non oltre, temo, le dita di una mano), che sono indipendenti (da ogni medium) e di qualità (e le due cose paiono andare di pari passo), mi interessa qui soffermarmi su un punto nodale, che viene tenuto in sordina nelle polemiche in corso: come dovrebbe presentarsi una recensione per essere di qualche utilità al lettore (alludo a quelle, inevitabilmente brevi, che appaiono sui quotidiani. Quelle sulle riviste meriterebbero un discorso a parte, anche questo fitto di dolenti note).
    Prendo spunto da un pezzo di Geno Pampaloni (che è uno delle dita della mano, con l’unica pecca di privilegiare troppo, nei romanzi di cui si occupa, le note di speranza e di conciliazione, a scapito di tonalità più disperate) apparso sul mensile “L’Indice” dello scorso febbraio. Cito dalla conclusione: “L’arma segreta di cui dispone il cronista, o se si vuole l’arte del recensore, è la scelta delle citazioni... Un recensore si valuta, a mio parere, dalla scelta, dal florilegio, dal prelievo delle citazioni attraverso le quali il cronista dà conto della sua lettura. E al tempo stesso mette il lettore nella condizione di giudicare egli stesso se l’interpretazione del cronista è convincente o arbitrariamente personale”. Giustissimo.
    E oltre alle citazioni, a me sembra altrettanto indispensabile informare sinteticamente (lo spazio è quello che è) sul contenuto del libro, trama o plot che dir si voglia (la sua assenza dà adito ai più biechi sospetti: il libro è stato veramente letto da cima a fondo?). Cui seguirà, ma già dovrebbe emergere dalla trama inframmezzata di citazioni, il giudizio, che sarà, inevitabilmente, impressionistico, dettato dall’intuito, dal gusto e dall’esperienza: cos’altro mai potrebbe essere? (Anche su questo punto ha ragione Pampaloni.) Il tutto scritto in modo chiaro, non certo da addetti ai lavori che ammiccano tra di loro per l’infelicità dei più. La recensione ispirata a questi criteri sarà un po’ vecchiotta, di stampo decisamente tradizionale, ma mi pare sia l’unica che renda un servizio al lettore, fornendogli i motivi per andarsi a leggere il libro o per evitare di farlo.
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                                 Panorama, marzo 1989




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Da Scompartimento per lettori e taciturni, Feltrinelli, Milano 1997.