martedì 6 settembre 2011

Un inedito di Francesco Scarabicchi




Maddaluno


[…] come una facella messa all’aria
                                    inquieta che ondeggia
                  Giacomo Leopardi



Non sa di sé la luce che si posa
sui nomi delle cose, se le sfiora
per un addio d’eterna spesa muta.

Nel bagliore del vero è un’apparenza
la piccola realtà che le somiglia.
Imita il gesto che nessuno vede,
lo sceglie nel silenzio delle forme,
voce dell’ombra che si fa discreta.

Dove si ferma il vento è la misura
dell’aria che s’accosta ad ospitare
l’orlo di pietra, quella fune, il suono
delle parole che ardono nascoste,
juta rappresa e madre al chiuso specchio,
lo stelo di favilla, gabbia e graffio,
il dono della musica che strazia,
un numero che scivola, alfabeto,
rete di trama, luna d’oro e niente.

Che sa di sé la luce che si ferma
a contemplare il buio che la invade?
Nulla del mondo che si fa d’attorno,
siepe di scene, stanze, tende, vele,
bianco del senso, scia, onda che muta.

Il fiore che si ostina aperto al cielo
ad un di più di chiaro si congeda,
se la beltà del fuoco lo rapisce,
nel tumulto dei segni, nella cura
di calchi e tavole, di nodi e tele immote.

C’è un sonno grato all’eterno risveglio,
come il gelo al torrido sole,
come la polvere, certa del futuro.