venerdì 16 settembre 2011

Benzoni attraverso Truffaut



Ferruccio Benzoni sosteneva che la sua poesia implicasse «una complicità, una familiarità, una dimestichezza», da parte del lettore.
Su questo argomento, i primi due versi di Se una poesia (da Fedi nuziali, Scheiwiller, 1991) sono illuminanti: «Se una poesia non è mai compiuta / ma soltanto abbandonata»... in quanto ci parlano sì di “abbandoni”, ma temporanei, non definitivi, ossia di rinvii, di “a rivederci”, di una poesia sempre da riprendere, da rivedere, o da riscrivere, se si preferisce. 
Significa che non basta leggere qualche testo a caso di Benzoni, per poterlo pienamente apprezzare, perché se è vero che le sue poesie, prese singolarmente, risultano “non finite”, è altrettanto vero che il lettore può sempre contare sul fatto che “ritorneranno”.
E rieccoci dunque al lettore che si augurava il nostro amico. Un lettore partecipe, capace di appassionarsi delle sue ritornanti, mai dismesse passioni.
Lettori che perciò, come ho già ricordato in diverse sedi, necessitano di poter usufruire di quel “tutto Benzoni” che finora conoscono, purtroppo, solo in pochi, Sguardo dalla finestra d’inverno, l’ultima raccolta autorizzata, uscì postuma, presso Scheiwiller, nell’ormai lontano 1998.
Detto questo, la passione più ricorrente è quella per il cinema, nelle poesie di Benzoni, il quale addirittura apre Fedi nuziali con la seguente Giustificazione, «Questo libro è un lungo piano-sequenza (dico con il cinema) di tre anni. In pratica un diario senza montaggio.»
Che non vale solo una possibile chiave d’ingresso al libro, attraverso il richiamo a una precisa tecnica cinematografica e a una scelta estetica, ma è forse, soprattutto, un preciso omaggio a un certo tipo di cinema, a certi registi, alla Nouvelle Vague, all’amatissimo François Truffaut...  
Se poi, come si diceva prima, il lettore non è un lettore casuale, può avere la fortuna che ho avuto io, quest’anno, quando sono andato a rileggermi Autoritratto*, che raccoglie lettere scritte e spedite da questo straordinario regista tra il 1945 e il 1984.
Chiede a Helen Scott, in una lettera da Parigi del 1963: «Quali sono gli articoli parigini che le servono: libri, giornali, riviste, dischi, caramelle?» Non ci è dato sapere la risposta dell’amica americana, sappiamo però quella di Benzoni. Da una poesia squisitamente sua, intitolata Senza Eredi (da Numi di un lessico figliale, Marsilio 1995):

Libri giornali riviste dischi caramelle:
quanto di più amo con un po’ di grippe.
E la gatta naturalmente.
Come di jersey il suo pelo.
È la mia solitudine
affettata (ammetto) sfiatata
se spiove; se ho un po’ di tosse.


* François Truffaut, Autoritratto, a cura di Sergio Toffetti, Einaudi tascabili, Torino 1995. Questo il libro dove, a pagina 135, ho scoperto la citazione. Evidentemente Benzoni deve averla invece ricavata dalla prima edizione «Supercoralli» 1989, perché il testo dei Numi appartiene alla sezione Convalescenze, datata 1991.

g. z.