sabato 15 ottobre 2011

Una risposta di Jean Robaey




Due parole mi chiedi, Gabriele, per i giovani poeti. Non so bene in quale veste rispondere, se non in quella del senior. La mia esperienza di scrittore di versi è lunga e molta ma poco riconosciuta: non ho cercato riconoscimenti e quelli che ho avuto non sono stati ufficiali. Ho avuto la fortuna di conoscere alcuni poeti che ammiravo e questo mi è bastato (anche se pochi apprezzavano davvero la mia scrittura, ma questo è un altro discorso).
D’altronde sono stato sempre molto attento e aperto alla scrittura dei giovani – e proprio così è nata la nostra amicizia.
I miei consigli sono contraddittori. Da giovani si è molto orgogliosi (io perlomeno lo ero) e l’orgoglio per la scrittura va benissimo: lo stile è tuo e soltanto tu puoi decidere dei tuoi versi. L’orgoglio può anche portare al desiderio di essere apprezzato: e qui l’orgoglio, secondo me, diventa negativo. Devi essere giudice di te stesso e non aspettarti niente da nessuno. Non ce n’è bisogno e solo tu sei in grado di decidere e giudicare.
Praticamente dunque: leggere molto, moltissimo, soprattutto i grandi (quelli che tu senti grandi), non perdere tempo con le letture inutili; non frequentare i luoghi dove la poesia circola, frequentare la poesia nei libri e in pochi amici. Conoscere personalmente i poeti che ammiri può aiutarti umanamente, non poeticamente, ma può aiutarti moltissimo. Se hai attitudine sociale, se riesci a sopportare gli ambienti dove si produce e si rende fruibile la poesia sei un uomo fortunato e lo puoi fare: questo ti darà forse qualche soddisfazione ma non so se ti farà crescere poeticamente. D’altronde non so se l’isolamento sia produttivo di bei versi. Ognuno ha il suo destino, il suo carattere.
Non ascoltare nessuno, segui la tua strada, segui i tuoi difetti di scrittura se li ami davvero. Fatti guidare dalla sola passione. Ma la passione è esigente.