lunedì 24 ottobre 2011

Da "Nel grave sogno" di Giovanni Raboni




(Mallarmé)


La mia anima verso la tua fronte o
angelica, contegnosa sorella, dove c’è
un autunno e s’adagia con macchie di rossore
nonché al mobile cielo delle tue pupille sento
che sale, come l’opaco, ostinato zampillo
d’acqua in un giardino deserto vuol raggiungere l’azzurro,
azzurro tenero d’ottobre netto e spento che guarda
nei grandi catini dolcemente una stanchezza infinita
e sull’acqua ferma nel fuoco d’agonia
delle foglie, negli amari solchi del vento
lascia che il sole annaspi lungo e giallo per un ultimo raggio.




(Auden)


Hanno gli squamosi, guizzanti pesci, giù
nelle loro dimore senza fuoco
notizia del calar della notte? Forse no.
Ma chi in terra cammina
e tutti coloro cui le penne
danno la piena libertà del cielo
mutano modi all’imbrunire,
dando retta ciascuno ad una sua
curiosità di specie. Più comune è che il moto
s’attenui, e gli altri sensi, ma non mancano
stravaganti eccezioni: così il gatto
e il gufo, non appena
cede il giorno alle tenebre, più grandi
fanno i loro pensieri, e per dar vita
o toglierla
si mettono in cammino...