Leggere
Leggere è utile e affascinante nello stesso tempo. Quando leggo sono una brava persona, innocua e silenziosa, e non commetto alcuna stoltezza. I lettori instancabili costituiscono una compagnia di persone intimamente soddisfatte. Chi legge arriva a procurarsi un godimento sublime, profondo e di lunga durata senza essere di intralcio o dar fastidio a nessuno. Non è una cosa eccellente? Direi proprio di sì! Chi legge è lungi dall’architettare piani malvagi. Una lettura che avvinca e diverta ha il vantaggio di farci temporaneamente dimenticare che siamo esseri malvagi e litigiosi, incapaci di lasciarci in pace l’un l’altro. Chi potrebbe contestare questa frase certo piuttosto triste e in grado di ispirare solo malinconia? È vero che i libri spesso ci distolgono anche da attività utili e proficue, ma nel complesso la lettura va ritenuta un’occupazione benefica, poiché pare senz’altro necessario che alla nostra smodata sete di guadagno e al nostro sconsiderato attivismo si oppongano garbatamente un freno e un sedativo. Il libro è in un certo senso una catena, non per nulla si parla di un libro avvincente. Un libro ci incanta, ci domina, ci soggioga, esercita quindi un potere su di noi, e noi accettiamo volentieri un dispotismo simile perché è un toccasana. Chi per un certo tempo è completamente preso dalla lettura di un libro non utilizzerà quel tempo per fare dei pettegolezzi sul suo amato prossimo, il che è un grave e grossolano errore. Parlare senza alcun frutto è sempre un errore. Chi ha un giornale in mano e lo legge con attenzione, già solo per questo, quasi, è considerato un buon cittadino. Chi legge il giornale, non impreca, non fa lo spaccone, non bestemmia, e già per questo la lettura del giornale è un’autentica benedizione, come dovrebbe risultare chiaro ed evidente. Chi legge ha sempre un aspetto curato, simpatico, rispettabile e assai dignitoso. Di quando in quando ho sentito anch’io parlare di letture cosiddette deleterie, per esempio dei famigerati romanzi dell’orrore. Preferiremmo evitare di approfondire tale capitolo, ma possiamo dichiarare perlomeno questo: il peggior libro non è dannoso quanto la totale indifferenza, quella di chi non prende mai un libro in mano. Un libro di pessima qualità è molto meno pericoloso di quanto forse si pensa, e quello che viene dichiarato senz’altro buono, in certe circostanze non è affatto così innocuo come generalmente si vorrebbe credere. Le cose dello spirito non sono mai così innocenti come ad esempio mangiare cioccolato o assaggiare una torta di mele. È fondamentale che il lettore sappia sempre distinguere con rigore tra quello che legge e la vita reale. Ricordo che ai tempi della scuola, con un grosso romanzaccio di una bellezza straordinaria, che naturalmente non poteva svolgersi se non in Ungheria, io andavo a rifugiarmi per prudenza ora sotto ora dietro un albero di pere perché mio padre non mi sorprendesse immerso in quella lettura di cui godevo con avidità, il che avrebbe avuto per conseguenza un’incresciosa punizione. Sandor era il misterioso titolo di quel libro. Riallacciandomi a quanto ho appena detto a proposito di lettura e vita posso forse permettermi di raccontare una storiella, ossia
La lettrice di Gottfried Keller
Una giovane e bella signora leggeva appassionatamente le opere di Gottfried Keller. Chi non adora tali opere? Quello che racconterò non può far vacillare la fama di questo scrittore come non può vacillare una roccia. Quando la giovane, simpatica e brava signora ebbe concluso la piacevole lettura, che le aveva trasmesso un’immagine nobile e gradevole del mondo e degli esseri umani, provò uno strano avvilimento nei confronti della vita. La sua modesta esistenza le sembrò tutto a un tratto estremamente squallida. Quanto aveva letto aveva fatto di lei una persona esigente. Quel che trovava nei libri di Gottfried Keller, avrebbe voluto ritrovarlo insomma anche nella vita quotidiana, ma la vita era ed è sempre un’altra cosa rispetto a un libro. Leggere e vivere sono due faccende diverse. Delusa e seccata, la lettrice di Gottfried Keller stava per perdersi d’animo. Provava quasi sdegno nei confronti della vita reale, perché non era come nei libri di Keller. Fortunatamente però intuì ben presto che aveva davvero poco o nessun senso prendersela con la vita quotidiana, anche se per qualche aspetto è forse un po’ miserabile. «Sii umile, non avere pretese eccessive e accetta, in nome di Dio, l’esistenza per quello che è e per come ti si offre» disse una voce interiore all’appassionata lettrice dei libri di Gottfried Keller, e non appena costei si rese conto con chiarezza e precisione di quanto a questo mondo – forse qua e là, come si è detto, un po’ miserabile e arido – sia necessario essere modesti e senza pretese dal profondo del cuore, ella tornò ad avere un’espressione lieta e felice, e non poté non ridere di se stessa e del suo fanatismo per Gottfried Keller, e fu contenta.
.............................................................................................................................................................................................
In Ritratti di scrittori, Adelphi, Milano 2004. Traduzione di Eugenio Bernardi.