Cesare e la grammatica del potere
Di Cesare, preferito tra gli autori latini, diceva G.B. Shaw che «quella sua osservazione che tutta la Gallia è divisa in tre parti, quantunque né interessante né corrispondente a verità, è almeno intelligibile».
Sembra una battuta riduttiva, mentre è una intuizione feconda. Che cosa c’era dietro la parola «Gallia» per Cesare che la percorreva con i suoi soldati? Foreste, fiumi, ghiacciai, agguati, stragi. Ma che cosa diventa nell’attacco dei Commentari? Una terra divisa in tre parti. L’intelligibilità del linguaggio è ottenuta attraverso una semplificazione vertiginosa dell’esperienza e presuppone il segreto dello stile di Cesare: la intelligibilità del mondo.
Tutto in lui appare semplice, preciso, chiaro, oggettivo.
L’uso della terza anziché della prima persona, già adottato da Senofonte nell’Anabasi con finalità narrative, acquista nella sua pagina la violenza visionaria dell’autorità. Frontone definiva «imperatoria» la sua scrittura e Marco Aurelio confessava di sentirsene come afferrato con gli artigli. La intelligibilità del mondo rinvia infatti a una volontà indomabile di dominio sugli uomini e sulle cose, a una grammatica del potere.
Essa si riflette persino in quel trattato teorico Sulla analogia (Cesare lo compose nel 54 a.C., durante il passaggio delle Alpi) dove anteporrà la regola alle anomalie dell’uso e consiglierà di evitare i vocaboli rari e insoliti come si evitano sul mare gli scogli. Per questo non fugge le ripetizioni e se Livio definirà il Reno tredici volte come flumen e sei volte come amnis, lui non si scosta mai da flumen, perché nella scelta definitiva della parola appropriata riconosce, nel De analogia, il suggello dello stile.
Affidato alla competenza retorica e storica di Adriano Pennacini, il volume comprende anche i Commentari della guerra civile, dove l’incalzare degli eventi politici e militari trova un correlativo nella necessità di uno stile rapido e balenante. E vi sono inclusi i testi dei continuatori, che completano l’epopea della Gallia e compendiano le guerre di Alessandria, d’Africa e di Spagna. Immensa però è la differenza delle emozioni. Cesare ci mostra che la memorabilità non è negli eventi e neanche nelle parole, ma nel loro incontro.
Cesare, Opera omnia, a cura di A. Pennacini, traduzioni di A. La Penna e A. Pennacini, commenti di M. Faraguna, A. Garzetti e D. Vottero. Torino, Einaudi, 1993.
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In I contemporanei del futuro, Mondadori, Milano 1998.