Qui terminano gli appunti che ho preso sulle mie passeggiate con lui. Alcuni foglietti dei primi tempi sono andati perduti, mentre delle ultime passeggiate non ho annotato nulla. Sentivo forse istintivamente che la fine era prossima? Non lo so. Rimuginare a posteriori su simili azioni o omissioni è senza senso. Così come sarebbe senza senso disegnare di Robert Walser un ritratto ritoccato, non rispondente al vero. Dare una fedele testimonianza del suo carattere testardo e delle sue idee: tale era il mio imperativo, il cui adempimento soltanto giustifica la pubblicazione di questi scorci intimi e della biografia, puramente documentaria, che apparirà in seguito.
Se nelle Passeggiate con Robert Walser si discorre ripetutamente di mangiare e di bere, se certi argomenti ricorrono più volte con variazioni spesso contraddittorie, e certi particolari possono forse riuscire urtanti a qualche lettore, sono, questi, rischi che ho affrontato per amore della verità: verità che una personalità originale come Robert Walser ben sopporta, anche se talvolta può subirne qualche ombra. È per me di segreto conforto il pensiero che le nostre passeggiate abbiano arrecato qualche diversivo nei monotoni decenni della sua vita in clinica; non troverò mai più un compagno di vagabondaggi appassionato come lui.
Il 25 dicembre 1956, all’imbrunire, guardavo dalla mia casa immersa nel buio le finestre dei vicini, dietro le quali brillavano le prime candele degli alberi di Natale. Accanto a me era steso ammalato il mio cane dalmata Ajax. Non avevo voluto lasciarlo solo quella sera, e in considerazione del suo stato pietoso avevo rinviato da Natale a Capodanno la prossima passeggiata con Robert Walser. – A un tratto squillò il telefono. Era il medico capo; m’informò che nelle prime ore del pomeriggio Robert era stato trovato morto su un campo di neve – proprio là dove, nel giorno di Natale del 1954 e nel Venerdì Santo del 1955, avevamo trascorso insieme ore indimenticabili.
Quella notte non potei più guardare gli alberi di Natale. Le loro luci mi facevano troppo soffrire.
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Da Passeggiate con Robert Walser, a cura di Emilio Castellani, con una postilla di Elio Fröhlich, Adelphi, Milano, ristampa 1994, pp. 182-183.