Giovanni Pascoli
Se ci chiedessero, chi è costui?, ognuno di noi pensa che non sarebbe troppo imbarazzato a rispondere. Abbiamo letto i suoi libri e conosciamo di lui tutto quello che è possibile conoscere di un uomo: i casi della vita e le qualità dello spirito, le abitudini, i gusti, gli affetti, i sogni, quello che accade giorno per giorno nella sua piccola casa e quel che gli passa ad ora ad ora per il capo. Pare che di pochi soggetti sapremmo parlare così copiosamente e così famigliarmente, come di questo.
Ma se chi ci aveva domandato, dopo tante nostre parole e notizie, ancora non fosse contento e volesse una risposta netta, di quelle che definiscono un uomo e fermano una volta per tutte il suo profilo, il carattere, la famiglia di spiriti a cui appartiene, allora io credo che pochi saprebbero rispondere in modo da soddisfare se stessi e chi li sta a sentire.
Perché, in quanto al Pascoli, c’è chi lo ama molto, e chi non lo può soffrire, c’è chi, partecipando dell’un sentimento e dell’altro, resta combattuto e sospeso; e corrono anche intorno a lui molti giudizi e formule che rappresentano più o meno vivamente queste disposizioni varie degli animi; ma, se si guarda bene, una che sciolga interamente il nodo di tante contraddizioni e dubbi che dividono la gente, una che ci dia conto chiaro del fatto suo, non si trova.
Però io non intendo di fare una descrizione minuta dell’uomo e dell’opera; che sarebbe un ripetere quello che tutti sanno e che di per sé non importa altro che poco; ma come se a me avessero indirizzata quella domanda, chi è?, cercherò di rispondere. E porrò mente non alla persona di lui, sì all’arte.
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