domenica 13 novembre 2011

Alberto Giacometti



Alberto Giacometti, "L'uomo che cammina", 1960.




[...]
    Ho lavorato col modello ogni giorno, dalla mattina alla sera, dal 1935 al 1940.
    Niente era come l’immaginavo. Una testa (lasciai perdere ben presto le figure, era troppo) diveniva per me un oggetto totalmente sconosciuto e privo di dimensioni. Due volte all’anno iniziavo due teste, sempre le stesse, senza mai venirne a capo e alla fine mettevo da parte quegli studi (di cui conservo ancora le forme in fonderia).
    Finalmente, nel tentativo di concretizzarle almeno un poco, ripresi a lavorare a memoria, ma lo feci soprattutto per scoprire che cosa mi rimanesse di tutto quel lavoro. (Per tutti quegli anni ho disegnato e anche dipinto un po’, e quasi sempre dal vero.)
    Ma volendo riprodurre a memoria quel che avevo visto, atterrito scorgevo le sculture farsi sempre più piccole, erano somiglianti soltanto se piccole, e tuttavia trovavo disgustosa la loro piccolezza, e instancabilmente ricominciavo per ritrovarmi, mesi dopo, al medesimo punto.
    Una figura grande per me era falsa e una piccola ugualmente intollerabile, e poi diventavano così minuscole che con un ultimo colpo di temperino spesso sparivano per sempre nella polvere.
    Tuttavia, sia le teste che le figure mi sembravano un po’ vere soltanto se erano piccole.
    Tutto ciò cambiò un poco nel 1945, grazie al disegno.
    Fu quest’ultimo che mi portò a voler fare figure più grandi, ma allora, e ciò mi stupì, erano somiglianti solo se lunghe e sottili.
    Oggi mi trovo pressappoco allo stesso punto, anzi no, ieri, e in questo momento mi rendo conto che se posso disegnare facilmente le sculture più vecchie, non potrei disegnare quelle degli anni recenti. Forse, se potessi disegnarle, non occorrerebbe più che le realizzassi nello spazio, ma non ne sono certo.
    Mi fermo, d’altronde qui stanno per chiudere, bisogna che paghi il conto.




.............................................................................................................................................................................................
Dalla Lettera a Pierre Matisse, in Yves Bonnefoy, Alberto Giacometti, Abscondita, Milano 2004.