lunedì 10 dicembre 2012

g. z.




                                                        via Paradiso, 4 febbraio 2012



Di Cesena


L’unico luogo di Cesena dove davvero mi sento a casa mia, mi si passi il gioco di parole, è la mia casa in via Paradiso.
Che questa si trovi a Cesena, voglio dire, per me è un fatto accidentale.
Mentre non a caso un mio libro s’intitola “Finestre di via Paradiso”, anche se avrei preferito intitolarlo “Finestre di via Marzolino”, come si chiamava quando ero bambino, prima dell’inaugurazione della chiesa nuova, che evidentemente offrì al prete o a chi per lui la possibilità di cambiarle il nome.
Lo avrei preferito perché, chiesa o non chiesa, era e resta una piccola via senza pretese, oggi stretta tra case e condomini e simile a mille altre, verso le quali nessuno, giustamente, si è mai sentito in dovere di scomodare l’aldilà.
Anzi, a dirla tutta si chiamava Marzolino I, per distinguerla dalla contigua Marzolino II, tuttora transitabile come via Marzolino senz’altro di là dalla cerniera della via Emilia.
Era una strada bianca, polverosa e infangata secondo stagione. Davanti a casa c’era un canneto dove giocavamo agli indiani con gli archi e i fucili a elastico. Oppure ogni tanto sentivamo arrivare una macchina dalla statale, e avevamo ancora il tempo di tirar calci al pallone prima di vederla, diversamente dal treno che quando passava nella lontana ferrovia sembrava venirci addosso senza alcun preavviso.
C’era anche un grande fosso a cielo aperto che chiamavamo misla. “Sta ’tenti a na caschè int la misla!” ricordo che mi urlava dietro la mamma.
Era la strada che mi portava alla scuola elementare, al sovrastante colle del Seminario dove ho fatto le medie, e soprattutto alla favolosa campagna dei maceri dove ho imparato a pescare.
Una strada ai limiti della campagna, e confesso che per molti anni il quartiere di Case Finali che la comprende non credevo si chiamasse così in onore di Gaspare Finali…
La pur vicina Cesena del centro, quella storica, quella ufficiale diciamo così, malatestiana, dei tre papi, di Cesare Borgia, della Rocca, di fontana Masini a me sembrava, in ogni senso, lontanissima.
E anche se oggi, va da sé, il mondo che ho qui sommariamente rievocato non esiste più, Cesena, in quanto città, mi è piuttosto estranea. Sono rimasto un uomo di campagna.


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Inedito.