sabato 3 dicembre 2011

Paul Klee





Paul Klee, "The Golden Fish", 1925.




840.   Come l’uomo, anche il quadro ha uno scheletro, muscoli e pelle. Si può parlare di un’anatomia del quadro. Un quadro il cui oggetto sia un «uomo nudo» non può essere dipinto secondo l’anatomia umana, ma secondo quella del quadro stesso. Prima si erige un’impalcatura per l’opera da dipingere. Di quanto si possa sorpassarla è facoltativo; già dall’impalcatura può nascere un effetto più profondo che dalla sola superficie.
   A libri, a interi volumi densi di parole preferisco una sola parola animatrice. Ci dev’essere naturalmente chi l’ascolti. Un libro è fatto di parole sconnesse fin tanto che non c’e n’è abbastanza per stabilire un senso. Solo il giornalista di professione può trovare il tempo per accumularle. Uno spirito nobile opera con poche parole.
   Oltre agli elementi costruttivi del dipinto ho studiato le tonalità della natura, mediante l’applicazione, strato su strato, di acquarello nero diluito. Ogni singolo strato deve asciugare bene. In questo modo si forma una proporzione matematica di chiaro e scuro. Socchiudendo gli occhi si valuta più facilmente l’apparizione della natura.


842.   La pittura naturalistica, cui mi dedico di continuo per impararla bene, ha lo svantaggio di sottrarmi il tempo necessario a sviluppare la mia capacità di produzione lineare. Lì veramente non ci sono linee come tali. Esse si rivelano soltanto come limiti di diverse macchie di tonalità o di colore. Nelle macchie tonali o colorate ogni impressione della natura può venir fissata in modo semplicissimo, spontaneo e immediato.
   In questa pittura rigorosamente scientifico-naturalistica la linea apparirebbe come tale soltanto se si prescindesse dal colore, quindi in pittura tonale, e precisamente per sostituire il confine coloristico fra due superfici di eguale valore tonale e il diverso valore coloristico in natura.
   Un’opera d’arte sorpassa il naturalismo quando la linea compare come elemento figurativo indipendente, come nei disegni e dipinti di Van Gogh e nelle grafie di Ensor. In quest’ultimo va notata la posizione accostata delle linee nelle figurazioni grafiche.
   Mi si rivela così una via per l’uso delle linee e posso finalmente uscire dal vicolo cieco dell’ornamento, in cui mi ero perduto quest’anno.
   Rinfrancato dai miei studi sulla natura, potrò osare di entrare di nuovo nella mia zona originaria dell’improvvisazione psichica. Vincolato qui solo in modo affatto indiretto a impressioni della natura, potrò ritentare poi di dare forma a ciò che appunto grava sul mio animo, dare rilievo a esperienze che, anche nel buio più fitto, potrebbero trasformarsi in linee. In questo campo sussistevano da tempo inesauribili possibilità, di cui avevo tralasciato di occuparmi per il timore di rimanere isolato. In tal modo la mia genuina personalità potrà farsi valere, libera da ogni impaccio.




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Dai Diari 1998-1918, il Saggiatore, Milano, ristampa 2010. Traduzione di Alfredo Foelkel.