venerdì 7 ottobre 2011

Tre poesie di Thomas Morghenti





Disilluso sapore


Risolute accortezze soggiaciono inermi
a fronte di paradossali arzigogoli
qualità d’anima e d’intelletto.

Le inevase configurazioni in applicata memoria
sviluppano macchinose prospettive
per quello che indistintamente accade.

È del parlarti senza confondermi
la pecca più grande
sprecato motivo del disilluso sapore.



Parodie limacciose


Parodie limacciose tormentate
segretamente amiche d’invulnerabili sospetti
corrono senza sosta per le giuste cause
apparenti respiri in rimando superlativo
mi accorgo che sono io a passare
e non la bianca inaccessibile volta
di desideri scontati sul nascere.



Caduta libera


L’apogeo delle inumane intuizioni,
sparse su ampi margini d’obrobriose fioriture,
preclude al dio degli abbracci
un misero conforto di routine.

In caduta libera,
l’ignara partecipazione d’essere
si illude e si compiange
al dolce suono della memoria.

Ed è così che sottendo all’orizzonte dei pensieri.
Ed è così che di rimando ti chiamo eternamente.



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Thomas Morghenti è nato a Cesena nel 1973. Questi sono i primi versi che pubblica. Con molti auguri da parte mia.
g. z.

mercoledì 5 ottobre 2011

Due inediti di Dario Bertini




Tutta la notte avrei vegliato una caldaia spenta


Tutta la notte avrei vegliato una caldaia spenta,
a seguire il passaggio del gas dietro i muri,
(sentirlo crescere piano)
perchè mi sono accorto che eri già andata
dal tubetto di dentifricio lasciato aperto sul lavandino,
dai vestiti raccolti dal pavimento - la camicia
sullo schienale della sedia -
ed un biglietto bianco sul tavolo, fra briciole,
bottiglie ed un avanzo di caffè, con una scritta
semplice, quanto inaspettata
per ogni volta che si nasce
come la corsa del metrò fuori dal tunnel




a Frank O'Hara


l'estate si è schiantata all'improvviso come un vagone merci
e l'aria è troppo calda, spessa da respirare
                                                                    i semafori
gialli lampeggiano come tizzoni ardenti
negli occhi di chi resta ad osservare,
ma non c'è tempo di sfuggire al tempo
                                                    così ogni notte si succede al giorno
da millenni
                    io per esempio vago più o meno da vent'anni
come un filmato in bianco e nero con pochi spettatori

una macchina passa troppo in fretta
seguita dalla   polizia
                                 ed è la vita perchè da sempre
un'ombra scura ci viene dietro inesorabile
                                                                  ma all'angolo
si scontra con un'altra generando una cometa
e migliaia   di stelle a illuminare il grigio dell'asfalto
                                                         come un assolo di john coltrane



Un dipinto di Mauro Valsangiacomo




"Finestre illuminate", olio su cartone cm. 70 x 50, 2011.




Due inediti di Dario Bertini




Filologia di un passo incerto
                                                     
                                                                 a Remo Pagnanelli

di te (di me) rimane un muro troppo
alto da scalare, un'eco spenta, una bottiglia
vuota da sotterrare con le istruzioni
per un sonetto: era scritto in un libro,
ma non ricordo quale, a quale pagina,
il segno esatto, l'ora e il modo in cui
la voce, forse la mia (la tua), si è fatta corpo,
si è smarrita, cantando ancora, tracciando muta
l'ultimo passo privo di note, verso la fine




Tentativi


ci sono cose che capiremo, prima o poi,
a forza di provarci, tendere a un oltre
indefinito, più caro a farsi certo, misurato;
allora pensa, non fare mensola al pensiero,
accoglila la polvere se ha memoria
del buio solco in cui dimora il chiodo,
il colore dell'acqua dentro ai tubi, della corrente
a fasi alterne negli impianti, dei blackout - 
e soprattutto - fai attenzione al ridere scomposto,
irrefrenabile, del sangue dopo un bacio



martedì 4 ottobre 2011

Una pagina inedita di Giampiero Neri





Uno dei monaci che seguivano il Budda nelle sue peregrinazioni, il monaco Arittha, che in precedenza era stato un cacciatore di avvoltoi, aveva concepito una diversa, errata interpretazione di una norma del maestro.
Il Budda l’aveva criticato con asprezza, dandogli ripetutamente dello sciocco, «sarai ricordato come uno sciocco», gli aveva detto.
Nel testo, il nome del monaco Arittha è sempre seguito dalla formula “che in precedenza era stato un cacciatore di avvoltoi”, come segno distintivo. Ma che significato ha?
È verosimile che equivalesse a stupido, sciocco. Infatti gli avvoltoi non hanno alcun valore venale. Perché cacciarli?
Ma la formula, se è chiara per il lettore indiano, non lo è altrettanto per noi, che non abbiamo familiarità con gli avvoltoi.
Una versione più comprensibile sarebbe allora “un cacciatore di farfalle” o un “perdigiorno”, anche se vale di più per chi scrive queste note, che per il monaco Arittha.



lunedì 3 ottobre 2011

Una domanda di Francesco Scarabicchi




Cos’era?


Cos’era, Gabriele, quella luce
che Ferruccio portava nei suoi occhi,
il segno involontario che decide
se sia quello il confine o un’altra terra?
Ancora la ricordo come adesso,
un dopocena al gelo di febbraio,
parole che s’accendono improvvise,
alcune ferme, come stelle fisse,
ma la luce, la luce che gli ardeva
oltre Viale dei Mille, oltre lo sguardo -
come in un’aria persa, come il niente -
cos’era, mi domando dopo tanto, e con chi
l’ha seguita a scomparire?



............................................................................................................................................................................................. Una domanda, Francesco, a cui non mi è facile rispondere, ma prima o poi tenterò, di questo puoi star certo. Tuo, con l’affetto di sempre, Gabriele.

sabato 1 ottobre 2011

Le "finestre" d'ottobre


Queste si aprono con l’ottobrino Soupir di Stéfane Mallarmé, che ho pregato Jean Robaey di tradurre, e direi che ne è valsa la pena!

 

                                                                                          (foto g. z.)


Soupir


Mon âme vers ton front où rêve, ô calme sœur,
Un automne jonché de taches de rousseur,
Et vers le ciel errant de ton œil angélique
Monte, comme dans un jardin mélancolique,
Fidèle, un blanc jet d’eau soupire vers l’Azur!
– Vers l’Azur attendri d’Octobre pâle et pur
Qui mire aux grands bassins sa langueur infinie,
Et laisse sur l’eau morte où la fauve agonie
Des feuilles erre au vent et creuse un froid sillon,
Se traîner le soleil jaune d’un long rayon.



Sospiro


La mia anima alla tua fronte dove sogna, calma sorella,
Un autunno cosparso di macchie di rossore,
Ed al cielo errante del tuo occhio angelico
Sale, come in un giardino malinconico,
Fedele, un bianco getto d’acqua sospira all’Azzurro!
All’Azzurro intenerito di ottobre pallido e puro
Che riflette nelle grandi vasche il suo infinito languore,
E lascia sull’acqua morta dove la fulva agonia
Delle foglie erra al vento e scava un freddo solco,
Trascinarsi il sole giallo con lungo raggio.