Dentro e fuori
Nell'anno incosciente
incerto tra un inizio
e una fine, nello sconcerto
di metà giugno, guardando
da assente o novizio,
non c'era qualcuno
per parlare del futuro,
e c'era molto vento
in riva, il fango proveniva
dal torrente e il mare
ingialliva di terra
sospesa, che marciva.
Potevo andarmene,
nessuno si sarebbe accorto.
I tempi erano quelli,
di conformismo ipnotico.
Era il tempo delle repliche
e delle prediche, un presente
participio passato. E l'odore
di qualcosa che moriva
non aveva alcun odore.
Uno diventava trasparente
se non riusciva a parlare
o farsi annusare.
Comunque l'attraversamento
mi ha portato molto lontano
dal centro dell'uragano.
Bandiere tra le macerie,
sangue e cenere. Corpi
di carne, lacerati e profanati,
l'odore di aglio bruciato,
merda zolfo e carbone.
Crollare, esplodere...
Volti di polvere e lacrime.
Qui niente. E sopra l'orizzonte
le stesse costellazioni.
Tennis
Questo fiato corto e rime
palesi e nascoste è un gioco
per due, come gli scacchi
o il tennis. Cambio campo
e palle nuove, giallo canarino,
sono ferme sotto il sole,
sparse sul rosso del terreno.
Seduti all'ombra i giocatori.
Gocce di sudore bruciano
gli occhi. Poi scendono
alle docce, nella custodia
mettono l'io bambino.
Il rammarico, l'abbagliante
sole dei vasti pomeriggi
d'estate. Cercavo oggetti
smarriti. Allucinazioni perdute.
Cosa è stato? Il palinsesto
raschiato e lavato, quelle
erano grida, emozioni,
adesso un parcheggio vuoto.
Rovisto rovescio lo zaino.
Le scarpe consumate, calzini
puzzolenti, le magliette
lievi come il vento.
Nient'altro. Soltanto
il dopo partita, l'aria
cruda della sera all'uscita
del circolo tennis. Provo
a restare, ancora un poco,
prima di invecchiare.
Il vento sfoglia un giornale.
Elon Musk in visita come Hitler
a Firenze. Dalle svastiche
alle X le ossa contano gli anni.
La rete a strascico è sparita
che puliva la terra rossa.
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Dall'opera inedita La tenerezza del disordine.