martedì 22 gennaio 2013

Franco Fortini





Consigli (?) per giovani poeti

   Qui non v’è luogo a consigli, che non siano quelli, come dire?, universalmente umani. La fatica di decifrare il senso della propria dimora al mondo, e il luogo di applicazione del sé, anche prima che dovere è realtà di chiunque. Credere (come credo) alla utilità di taluni consigli – fossero anche piccole prediche morali, quali L’uomo di lettere difeso e emendato di Daniello Bartoli o Il Parini ovvero della gloria di Giacomo Leopardi – non deve impedirci di intendere che quella utilità è tanto maggiore quanto più i consigli somiglino a quelli di un manuale dell’ebanista o del radioamatore e meno alle opere di teoria della letteratura. In un molto citato frammento del 1860 Baudelaire chiamava gli angeli di Parigi a testimoni che egli aveva fatto il suo dovere (e dovrebbe commuoverci che devoir voglia anche dire: compito di scolaro) «come un perfetto chimico e come un’anima santa». Era la medesima fiducia che lo aveva fatto certo di un luogo serbato al Poeta (con maiuscola) «fra i ranghi beati delle sante Legioni». Ebbene, vorrei che il nostro secolo ci avesse insegnato che quella santità è una metafora impraticabile. Che poesia e religione non sono sovrapponibili. Che una vita può voler essere santa senza poesia. Che meglio è essere un buon chimico o letterato o grammatico che un poeta con accesso (vedi un po’ cosa bisogna pur dire!) alla santità o alla dannazione. Quanto meno un Gradus ad Parnassum si proporrà a sostituto di una Introduzione alla vita devota, tanto più avremo vite devote ossia dedicate; e versi, se non bellissimi, almeno allusivi alla bellezza.


............................................................................................................................................ “Il Sole 24 Ore”, 25 aprile 1993.