Consigli
(?) per giovani poeti
…
Qui non v’è luogo a consigli, che non siano
quelli, come dire?, universalmente umani. La fatica di decifrare il senso della
propria dimora al mondo, e il luogo di applicazione del sé, anche prima che
dovere è realtà di chiunque. Credere (come credo) alla utilità di taluni
consigli – fossero anche piccole prediche morali, quali L’uomo di lettere difeso e emendato di Daniello Bartoli o Il Parini ovvero della gloria di Giacomo
Leopardi – non deve impedirci di intendere che quella utilità è tanto maggiore
quanto più i consigli somiglino a quelli di un manuale dell’ebanista o del
radioamatore e meno alle opere di teoria della letteratura. In un molto citato
frammento del 1860 Baudelaire chiamava gli angeli di Parigi a testimoni che
egli aveva fatto il suo dovere (e dovrebbe commuoverci che devoir voglia anche dire: compito di scolaro) «come un perfetto
chimico e come un’anima santa». Era la medesima fiducia che lo aveva fatto
certo di un luogo serbato al Poeta (con maiuscola) «fra i ranghi beati delle
sante Legioni». Ebbene, vorrei che il nostro secolo ci avesse insegnato che quella santità è una metafora
impraticabile. Che poesia e religione non sono sovrapponibili. Che una vita può
voler essere santa senza poesia. Che meglio è essere un buon chimico o
letterato o grammatico che un poeta con accesso (vedi un po’ cosa bisogna pur
dire!) alla santità o alla dannazione. Quanto meno un Gradus ad Parnassum si proporrà a sostituto di una Introduzione alla vita devota, tanto più
avremo vite devote ossia dedicate; e versi, se non bellissimi, almeno allusivi
alla bellezza.