lunedì 1 settembre 2014

Lev Tolstoj








   Nella nostra società l’arte ha raggiunto un tal grado di corruzione che non solo viene considerata buona quando è deteriore, ma si è persino smarrita l’idea di che cosa sia l’arte. Per poter quindi parlare di arte nella nostra società, occorre anzitutto distinguere l’arte autentica da quella contraffatta.
   Il segno che distingue l’arte autentica da quella contraffatta è indubbiamente uno: la comunicatività. Quando un uomo, senza esercitare alcuna azione su se stesso e senza che null’altro intervenga a modificare la sua condizione spirituale, ma solo leggendo, ascoltando e contemplando l’opera di un altro uomo entra in uno stato d’animo che lo unisce a quest’ultimo e a tutti gli altri che come lui recepiscono l’influsso di quest’opera, sicuramente l’opera che ha provocato un tale stato d’animo appartiene all’arte. Per quanto un’opera sia poetica, o riproduca la realtà, o sia ricca di effetti, non può appartenere all’arte se non suscita in un uomo un sentimento tutto particolare di gioia, di unione spirituale con un altro uomo (l’autore) e con gli altri uomini (gli ascoltatori o gli spettatori) che l’abbiano parimenti recepita.
   È vero che questo è un segno interiore. E gli uomini che hanno dimenticato quale sia l’azione che l’arte autentica deve compiere, e che dall’arte si attendono qualcosa di completamente diverso – e di tali uomini la nostra società ne conta un numero enorme – possono pensare che quella sensazione di svago e in un certo modo eccitante ch’essi provano davanti a una contraffazione sia anche una sensazione estetica; e benché sia impossibile dissuadere costoro, così come è impossibile convincere un daltonico che il color verde non è rosso, nondimeno per gli uomini la cui sensibilità artistica non è corrotta né atrofizzata questo segno rimane come una sensazione ben definita che è prodotta dall’arte e si differenzia nettamente da ogni altra.
   La peculiarità principale di questa sensazione consiste nel condurre chi la prova a un tal grado di fusione spirituale con l’artista, per cui è portato a credere d’avere egli stesso, e non altri, prodotto l’opera che ha recepito e a sentire che quanto essa esprime, da lungo tempo egli stesso avrebbe voluto esprimerlo. Un’autentica opera d’arte fa sì che nella coscienza di chi la intende si annulli ogni distacco dall’artista e da quanti altri pervengono alla medesima comprensione. Proprio in questa liberazione dell’individualità dal suo distacco dagli altri uomini, dal suo isolamento, proprio in questa fusione di un’individualità con le altre, consistono la principale peculiarità e la maggior forza d’attrazione dell’arte.
    Se un uomo prova questo sentimento, se gli si comunica lo stato d’animo in cui si trova l’autore, e se sente di fondersi spiritualmente con altri uomini, allora l’opera che ha provocato questo stato d’animo appartiene all’arte; se manca questa comunicativa, se non si verifica questa fusione con l’autore e con le altre persone che intendono l’opera, allora non v’è arte. Né questa comunicatività è soltanto un segno indubbio dell’arte: il grado di comunicatività è altresì l’unica misura del pregio dell’arte.
   Quanto più intensa è la comunicatività, tanto più elevata è l’arte come tale, senza riferimenti al suo contenuto, e ciò indipendentemente dal valore delle sensazioni ch’essa trasmette.
   Tre condizioni determinano la maggiore o minore comunicatività dell’arte: 1) la maggiore o minore originalità del sentimento che viene trasmesso; 2) la maggiore o minore chiarezza con cui questo sentimento si propaga e 3) la sincerità dell’artista, e cioè la maggiore o minore intensità con cui egli stesso prova la sensazione che vuole comunicare.




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Da Che cos’è l’arte? [Ćto takoe iskusstvo?, 1897], Introduzione di Pietro Montani, Traduzione e note di Filippo Frassati, Donzelli, Roma 2010, pp. 173-175.