Neri-Via provinciale
Alla
smania di certa critica, di scervellarsi a cercar parentele e d’etichettare
sempre e comunque tutti, nessuno escluso, non è sfuggito, va da sé, neppure un non classificabile
per eccellenza come Giampiero Neri.
Remo
Pagnanelli, nel 1987, in un saggio che resta a mio avviso insuperato, già
osservava che «Il critico-lettore a contatto con la scrittura di Neri rischia delle
grame figure, poiché la sua stesura, pur non sottesa da una strategia conscia
di depistamento, continuamente nasconde e vela
(avrebbe detto Freud) il profondo nella superficie», ma evidentemente quel
saggio non tutti lo hanno letto.
Mi
sento di poter aggiungere, a integrazione di quanto diceva Pagnanelli, che «la
stesura» può estendersi persino allo pseudonimo, al nome d’arte “Giampiero Neri”
con cui Gianpietro Pontiggia, non certo per distrazione, si firma da sempre.
Peraltro
Neri non ha alle spalle una lunghissima carriera, avendo egli pubblicato L’aspetto occidentale del vestito, il
primo libro, all’età di 49 anni, il secondo, Liceo, a 55, il terzo, Dallo
stesso luogo, a 65. E se non è mai facile capire tutto e subito, tanto meno
lo è quando l’autore si presenta maturo, con già delle buone carte in mano, nel
qual caso la prudenza è d’obbligo, conviene attendere il riscontro di qualche
sua mossa in più prima di parlare.
Gli
appellativi fuorvianti, dicevo all’inizio, sono diversi, alcuni vengono puntualmente
ripresi e pigramente ripetuti per un libro come per l’altro ma insomma, sintetizzando,
si va dalla riesumazione del titolo nobiliare di “maestro in ombra”, coniato ad
hoc da Pasolini per poeti come Rebora o Sbarbaro o Palazzeschi, che nel «particolare
momento che costituisce il passaggio dal vocianesimo al rondismo» finirono,
volenti o nolenti, «col restare indietro, al margine», perciò da una formula che
torna inappuntabile se applicata a quei maestri ma priva di qualsiasi
fondamento se riferita al nostro (e sì che basterebbe piuttosto dare una rapida
occhiata alla bibliografia critica che lo riguarda per accorgersi che “in
ombra” Neri non è mai veramente stato, che la stampa più accreditata non ha
tardato molto a considerarne il valore, né la grossa editoria) fino alla nomea di
“poeta irregolare” (come se una regola precisa in poesia esistesse…). Non mi
dilungo oltre.
Via provinciale ci riconduce alla realtà
dei fatti, ossia delle pagine scritte che sono, una volta di più,
inconfondibilmente sue, di uno scrittore fedele alla sua idea di scrittura, che
si vuole educata, asciutta e severa, fedele ai suoi temi e tempi e, nella
fattispecie, dopo Paesaggi inospiti,
ancora già dal titolo del libro, fedele ai suoi luoghi. Sembra quasi di
vederla, quella Via, di esserci già
passati, a chi conosca un po’ la Brianza, inerpicarsi o discendere tra le
montagne nei dintorni di Como, di Canzo, dei laghi di gaddiana memoria, di Erba
in cui Giampiero Neri è nato, a tutt’oggi abituale riparo estivo del vecchio
scrittore dalla calura e dai traffici della metropoli lombarda.
Una sua
prosa del 1996, intitolata Informazione e
lavoro in poesia, prendeva avvio da un altro titolo, di Tolstoj, Chi deve imparare a scrivere e da chi, se i
ragazzi di campagna da noi, o noi dai ragazzi di campagna. Più di tante
attribuzioni suggestive ma assai poco realistiche, questo ultimo «lavoro
in poesia»
di Neri ci viene a dire che si può essere “centrali” anche restando in
periferia, che da lontano, tante volte, si vede meglio.
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