Se si vuol credere a un mio amico, un uomo
ha sempre due caratteri, il suo e quello che gli attribuisce la moglie.
Sostituiamo moglie con società e capiremo come una formula che uno scrittore
collega a tutto il contesto di sensibilità possa essere isolata mediante il
commento che se ne dà e presentata al suo autore ogni volta che egli desidera
parlare d’altro. La parola è come l’atto: «Avete dato alla luce questo
bambino?» «Sì.» «Quindi è vostro figlio.» «Non è così semplice, non è così
semplice!» Così, una brutta notte, Nerval si è impiccato due volte, prima per
sé, perché era infelice, e poi per la sua leggenda, che aiuta qualcuno a
vivere. Nessuno può parlare della vera infelicità, né di certe felicità, e non
mi ci proverò io qui. Ma la leggenda si può descrivere e si può immaginare,
almeno per un momento, di averla dissipata.
Uno scrittore scrive in gran parte per esser
letto (ammiriamo chi dice il contrario, ma non crediamogli). Da noi tuttavia
egli scrive sempre di più per ottenere quella consacrazione finale che consiste
nel non essere letto. Infatti, a partire dal momento in cui può fornir materia
per un articolo pittoresco sui giornali a grande tiratura, ha tutte le
probabilità di esser noto a un numero abbastanza grande di persone che non lo
leggeranno mai, perché basterà loro conoscerne il nome e leggere quanto verrà
scritto di lui. Ormai sarà conosciuto (e dimenticato) non per quel che è, ma
secondo l’immagine che un giornalista frettoloso ne avrà data. Quindi non è più
indispensabile scrivere libri per farsi un nome nelle lettere. Basta aver fama
d’averne scritto uno di cui abbiano parlato i giornali della sera e sul quale
ormai si potrà dormire.
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Da L’enigma in L’estate e altri saggi solari, a cura di Caterina Pastura e Silvio
Perrella, Bompiani, Milano 2013.