giovedì 1 febbraio 2018

Antun Branko Šimić







Noi e il corpo


Nelle mie vene scorre il veleno bevuto
nella lussuria, nelle notti ubriache.
E il veleno marcisce. Il corpo marcisce. Io vivo nella bara.

Anche il corpo mi ripugna. Come
separarsene, come esserne liberati?
Il corpo è peso, marcio, estraneo.
Mi piacerebbe sfuggirgli, abbandonarlo
e involarmi per sempre nella libertà.

Ma così, conviviamo indivisibili.
Chi mi ha unito a questo estraneo?
Il corpo: il peso mi trattiene a terra
e mi farà sprofondare tutto, senza che nulla rimanga.

Accanto al letto, una giovane mi sorride.
Come potrei avvicinarla senza un corpo?
Non posso fuoriuscire. Non posso toccarla.
Il mio tatto, come quello della morte, semina ovunque distruzione.

In sogno ci separiamo. Mi sono liberato, aleggio
e voglio levarmi in volo e volare -

E mi sveglio: giaccio nella bara.


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Da Corpo e destino, Laghi di Plitvice, Lugano 1998, traduzione di Dubravko Pušek.