Quel
bambino con la gamba ingessata
che
guardava da una finestra
il
viavai della gente
fuori
dall’ospedale, beata!
Quel
bambino tanto paziente
dicevano
le infermiere
- come
se un’altra estate
non
fosse già passata!
Vaglielo
tu a spiegare
che
tutto alla fine torna
che
ognuno ha il suo destino
che non
c’era niente di strano
se lui
era lui
e gli
altri erano gli altri.
Può sembrare strano che Cesare, nel Bellum civile, riferisca di avere atteso a Ravenna i tribuni della
plebe fuggiaschi da Roma, quindi della sua prima sosta oltre il confine della
Gallia cisalpina, nella conquistata Rimini, senza spendere una parola sul
passaggio del Rubicone, per noi posteri tanto più memorabile.
Eppure
grazie a questa dimenticanza lo scrittore ottiene di farci conoscere il grande
condottiero meglio, a mio parere, dei biografi che invece non hanno resistito
alla tentazione di rievocare l’episodio, tra l’altro citando frasi che egli
avrebbe pronunciato per l’occasione, «Iacta alea est» su tutte.
Ho
preferito chiamarla dimenticanza, non sapendo decidermi tra due termini senza
dubbio più calzanti, omissione o omertà, perché comunque non si può certo
intenderla come una sbadataggine.
Vuoi
che il confine del Rubicone fosse talmente noto ai suoi tempi, cosicché Cesare
ritenne superfluo ricordarlo ai lettori, vuoi che l’attraversamento di un
torrente, e questo si può darlo davvero per scontato, ben poco avesse a che
spartire con le gestae da tramandare.
Che
poi si tratti del Fiumicino di Savignano di Romagna, ora Savignano sul
Rubicone, come decise Mussolini nel 1933, oppure del Pisciatello che scorre nei
pressi di Cesena, come diversi studiosi sostengono, questa dei campanili è già
un’altra storia, di noi comuni cittadini.