POESIA NELLA SCUOLA
La
poesia nella scuola ha una funzione ben chiara e precisa, anche se generalmente
la si giudica con molta approssimazione attribuendole dati meramente culturali
o sentimentali. A noi sembra che almeno nelle medie inferiori (ma anche, così
come stanno le cose, nei Licei) lo studio della poesia non viva che ai margini
della cultura, documento ante litteram, strumento senza applicazione,
testimonianza che non trova riscontro nei fatti, se fornito senza i suoi
presupposti estetici, senza le sue impostazioni filologiche e prospettato molto
vagamente nello spazio storico e ambientale. Una poesia letta di per sé (come
nelle medie inferiori) o approssimativamente ambientata (come nelle superiori),
acquista valori diversi, si isola in un tempo non oggettivamente suo, sì che,
pur arricchendosi di inaspettate suggestioni e di suggerimenti spesso
perentorii, non rientra in una forma di cultura, nemmeno schematica, anzi è
nella maggior parte dei casi la cultura falsa con cui si esce dai Licei e di cui
vive il borghese. Ugualmente inattendibile è l’opinione di chi dà allo studio
della poesia una qualificazione meramente pedagogica, quasicché la lettura di
un testo poetico avesse un valore di esempio, proprio nel senso plutarchiano
della parola; la gravità di questo equivoco è documentata dalla scelta dei
testi «edificanti», da L’Aquilone del
Pascoli, giù fino alle latebre del più basso romanticismo. Certo, per
l’imparzialità, non potremmo escludere del tutto dalla lettura della poesia,
come funzione educatrice, anche un aspetto culturale (ma in tal caso sono da
sfruttarsi e da chiarire quegli elementi culturali, in specie linguistici, che
lievitano allo stato di pura suggestione da una lettura isolata) e un aspetto
sentimentale, se all’attributo si dà un significato rigido di «educazione
sentimentale», in modo che la purezza o la generosità ecc. non risultino dal
contenuto di una poesia letta illecitamente a un suo stadio narrativo,
aneddotico (a proposito, quando il crocianesimo entrerà nelle scuole? Tutti i
giovani insegnanti, costituzionalmente e inconsciamente crociani, anche se male
preparati, davanti a una scolaresca, ridivengono scolari riprendendo la
tradizione dei loro vecchi professori degni del Cuore); al contrario la purezza, la generosità ecc., ossia l’eco di
un’umanità volta a interessi non pratici, deve essere suggerita agli scolari
proprio attraverso una interpretazione formale, cioè girando davanti ai loro
occhi, quasi con un rudimentale rallentatore, l’operazione poetica, che è
sempre una metafora, un passaggio da un ordine sentimentale a un ordine
verbale. È chiaro comunque che se l’insegnante non sa quale sia la funzione della poesia nella scuola, accettandone
un’interpretazione abitudinaria, farà, leggendola e spiegandola alla lettera, non
solo una fatica inutile ma dannosa, rendendo ingiustificata agli occhi dei suoi
«barbari» (proprio nel senso greco di alloglotti) scolari l’operazione poetica,
questo sommo prodotto della civiltà. Se dunque da questo esame negativo
risultano già almeno in parte i valori da scoprire nella lettura di un testo di
poesia nella scuola, che sono valori soprattutto esemplativi (un testo diviene
una monade in cui si concretano e trovano una forte vita fantastica vasti e
originari motivi culturali e psicologici), è chiaro che si vuol dare intanto
allo studio della poesia un carattere critico, almeno in nuce. In termini pedagogici, questo studio è strettamente
complementare a quello della grammatica e della sintassi, a parte la maggiore
altezza dell’esercizio. Ecco allora chiarirsi la funzione della poesia nella
scuola come coscienza linguistica,
come iniziazione all’inventio, dopo il chiarimento grammaticale, sintattico e
fraseologico dell’istituzione linguistica, dell’inventum. Ma se si tien conto
che a ogni approfondimento sentimentale, a ogni scoperta interiore corrisponde
un approfondimento e una scoperta linguistica, e viceversa, si vedrà quale ulteriore importanza può avere una poesia
il cui funzionamento sia così inteso, quando giunga a mettere in movimento il
meccanismo mentale che conduce dalla introspezione alla espressione e
viceversa. Ecco un preciso compito pedagogico, addirittura profilattico, quando
il risultato sia una presa di coscienza e un superamento dell’istinto e
dell’abitudine, che conducono il ragazzo ad accorgersi
di sé e del suo ambiente.
Ma quali saranno i testi poetici da leggersi
in una scuola media? La risposta è semplice se si pensa che devono essere
soprattutto insegnamento di lingua, esempi di metafora, di trascrizione e di
invenzione; ecco dunque che quei testi saranno da scegliersi tra quelli dei
poeti viventi, che usano una lingua viva
non solo come lessico ma proprio come concezione dell’uso espressivo e come
scelta dei sentimenti da esprimersi.
…
Da Poesia nella scuola, in «Il Mattino del
Popolo», 4 luglio 1948. Poi in Pier Paolo Pasolini, Un paese di temporali e di primule, a cura di Nico Naldini, Guanda,
Parma 1993, pp. 280-282; ristampato nel 2001.