Se io sono abituato a un determinato genere
d’arte esclusiva, e la comprendo, mentre non comprendo un altro genere d’arte
ancora più esclusiva, non per questo ho il diritto di concludere che la mia è
autentica arte e che l’altra è falsa e deteriore; ma posso concludere soltanto
che l’arte, facendosi sempre più esclusiva, è divenuta sempre più
incomprensibile per un numero sempre crescente di persone e che in questo suo
procedere verso una sempre maggiore inintelligibilità arriverà al punto
d’essere capita solo da una ristretta cerchia di eletti, il cui numero andrà
sempre diminuendo.
Non appena l’arte delle classi superiori si
è distinta da quella universale, subito è sorta la convinzione che l’arte possa
essere tale anche quando riesce incomprensibile alle masse. E non appena è
stata ammessa questa tesi, inevitabilmente si è dovuto ammettere che l’arte può
essere compresa solo dal più piccolo numero di eletti e, infine, soltanto da un
paio di persone o unicamente dall’artista medesimo, che è in ogni caso il
miglior amico di se stesso. E così dichiarano apertamente gli artisti d’oggi:
«Io creo e mi comprendo, e se qualcuno non mi capisce, tanto peggio per lui».
L’affermazione che l’arte può essere buona e
nel contempo incomprensibile alla grande maggioranza degli uomini è tanto
ingiusta e le sue conseguenze sono così funeste, e assieme così diffuse e
radicate nella nostra mentalità, che al punto in cui siamo arrivati è
impossibile spiegarne in modo soddisfacente tutta l’assurdità.
Nulla è meno insolito che sentir dire, a
proposito di sedicenti opere d’arte, ch’esse sono molto belle, ma molto
difficili a capirsi. Noi siamo ormai abituati a sentire questa asserzione; e
tuttavia dire che un’opera d’arte è buona, ma incomprensibile, è come dire che
una vivanda è buona, ma immangiabile. Agli uomini può non piacere il formaggio
guasto, o i pollastri frolli o altre simili pietanze apprezzate dai gastronomi
dal gusto pervertito, ma il pane e la frutta sono buoni quando piacciono a
tutti. Ciò vale anche per l’arte: se è pervertita, può riuscire
incomprensibile, ma se è buona piace a tutti.
Si dice che le migliori produzioni
artistiche non possono, per loro stessa natura, essere comprese dalla
maggioranza, e sono accessibili soltanto agli eletti in possesso di un’adeguata
preparazione. Ma se la maggioranza non le capisce, allora bisogna
spiegargliele, fornirle tutte le cognizioni necessarie alla comprensione. Ma a
quanto pare queste cognizioni non esistono ed è impossibile spiegare le opere
d’arte, e perciò coloro che sostengono la tesi dell’incapacità della
maggioranza a capire la buona produzione artistica non forniscono spiegazioni,
ma dicono che per capire è necessario leggere, o guardare, o ascoltare più e
più volte quelle opere. Ma questo significa abituare la gente a quel tipo
d’arte, e non chiarire le idee. Ed è possibile abituarsi a qualunque cosa,
anche alle peggiori. Come la gente s’abitua al formaggio guasto, alla vodka, al
tabacco, all’oppio, così può abituarsi all’arte deteriore: ed è proprio quel che
succede.
Inoltre, è impossibile affermare che la
maggioranza degli uomini non ha buon gusto nel valutare i più elevati prodotti
dell’arte. La maggioranza ha sempre compreso e comprende ciò che anche noi
consideriamo altissime manifestazioni d’arte: le narrazioni artisticamente
semplici della bibbia, le parabole del vangelo, le favole, le leggende e le
canzoni popolari sono comprese da tutti. Perché dunque la maggioranza avrebbe
smarrito d’un tratto la capacità di comprendere la grandezza della nostra arte?
Di un’orazione si può anche dire che è
bellissima, ma incomprensibile a coloro che non conoscono la lingua in cui
viene pronunciata. Un discorso pronunciato in cinese può essere magnifico, e
riuscirmi tuttavia incomprensibile se io non so il cinese; ma un’opera d’arte
si distingue da ogni altra attività spirituale proprio perché il suo linguaggio
è comprensibile per tutti, perché trascina tutti senza distinzione. Le lacrime
o le risa di un cinese mi contagiano esattamente come quelle d’un russo: e ciò
vale per la pittura, per la musica, come anche per le opere di poesia se sono
tradotte in una lingua che io capisco.
[…]
E
pertanto, quando l’arte non riesce a commuovere, è impossibile sostenere che
ciò dipende dall’incomprensione dello spettatore o dell’ascoltatore, ma si può
e si deve concludere solamente che ci troviamo in presenza di un’arte
deteriore, o di qualcosa che non è affatto arte.
............................................................................................................................................ Da Che cos’è l’arte? [Ćto takoe iskusstvo?, 1897], Introduzione di Pietro Montani, Traduzione e note di Filippo Frassati, Donzelli, Roma 2010, pp. 116-119.