Che
cosa vale di più? Un chilo di pietra o un chilo d’oro? Sembra una domanda
ridicola. Soltanto al commerciante però. L’artista risponderà: per me tutti i
materiali sono ugualmente preziosi.
La Venere di Milo sarebbe ugualmente
preziosa, sia se fosse pietrame – a Paro le strade vengono pavimentate con il
marmo pario – sia se fosse d’oro. La Madonna Sistina non varrebbe un soldo di
più se Raffaello avesse aggiunto ai colori qualche libbra di oro. Il
commerciante che si dovesse preoccupare di poter fondere una Venere in caso di
bisogno o di raschiare via la Madonna Sistina, ovviamente considererà il
problema da un altro punto di vista.
L’artista ha una sola ambizione: dominare il
materiale in modo che la sua opera risulti indipendente dal valore del
materiale di cui è fatta. I nostri architetti però non hanno questa ambizione.
Per loro un metro quadrato di muro fatto in granito ha più valore di uno
intonacato.
Il granito però non ha alcun valore di per
sé. Si trova nelle campagne e chiunque può andarselo a prendere. Oppure forma
interi monti, montagne intere, e non si deve far altro che estrarlo. Viene
usato per pavimentare le strade, per lastricare le città. È la pietra più
comune, il materiale più ordinario che conosciamo. Eppure vi sono persone che
lo considerano il materiale più pregiato.
Queste persone dicono materiale e intendono
lavoro. Forza di lavoro dell’uomo, mestiere e arte. Poiché il granito richiede
molto lavoro per estrarlo dalle montagne, molto lavoro per trasportarlo fino al
luogo di destinazione, lavoro per dargli la forma giusta, lavoro per dargli un
aspetto piacevole mediante la levigatura e la politura. Di fronte a un muro di
granito levigato il nostro cuore tremerà in un brivido di rispetto
reverenziale. Di fronte al materiale? No, di fronte all’opera dell’uomo.
Il granito sarebbe quindi più prezioso
dell’intonaco? Non è ancor detto. Perché una parete decorata a stucco dalla
mano di Michelangelo farà ombra alla più levigata parete di granito. Non
soltanto la quantità, ma anche la qualità del lavoro è determinante per il
valore di un oggetto.
***
Esiste in America un tipo di verdura di
largo consumo: la si serve in tavola come da noi i cavoli o i fagioli. Si
chiama egg-plant, che significa
pianta-uovo. Anche da noi è stata recentemente immessa sul mercato con il nome
di melanzana. Le nostre massaie avranno certamente già notato al mercato delle
primizie questi frutti blu, oblunghi. Ma la richiesta è scarsa nonostante siano
a buon mercato. Perché non si sa come cucinarle. Questo frutto va trattato come
la patata. Vi spiego ora il modo migliore di prepararlo.
Si sbuccia il frutto e lo si taglia, se è
lungo nel senso della lunghezza, se è rotondo, per il largo, in fette alte
quattro millimetri. Poi lo si sala e lo si impana nella farina, nell’uovo e nel
pane grattugiato. Infine lo si fa cuocere piuttosto a lungo nel burro come una
cotoletta.
Ho stabilito un accordo con il ristorante
vegetariano che si trova nella Spiegelgasse n. 8 (ammezzato) affinché per otto
giorni consecutivi, a partire dal 15 ottobre, vi si preparino per colazione
queste melanzane nel modo suddetto. Forse qualche marito le assaggerà e ne
parlerà a sua moglie. Oppure ci andranno le signore stesse. O anche il gestore
di qualche ristorante.